La progettazione del vigneto: quale varietà d’uva?

 

Una delle prime scelte da compiere nella progettazione di un vigneto (almeno nel mio caso è stato così) è la varietà di uva da piantare. Questa decisione avrà un peso specifico notevole nella vita del futuro vigneto in quanto determinerà gran parte delle caratteristiche del vino che si andrà a produrre dopo. Questo articolo è il secondo della serie su come progettare un vigneto.

Come detto nel precedente post, il mio vino dovrà essere un rosso che sia espressione del territorio. Questa convinzione mi ha aiutato molto nella scelta della varietà, in quanto ha ristretto il campo ai soli vitigni autoctoni della mia regione di provenienza, ovvero la Campania. La storia enologica della Campania ha radici profonde, risalenti ai tempi della Magna Grecia, e dimostrazione ne è il lungo elenco delle varietà autoctone che può vantare questa regione: Aglianico, Asprinio, Biancolella, Coda di Volpe, Falanghina, Fiano, Forastera, Greco (a proposito dell’origine ellenica…), Guarnaccia, Piedirosso e Sciascinoso. Ma il mio vino dovrà essere rosso, mentre alcune di queste varietà sono solo bianche e quindi sono da escludersi a priori: Asprinio, Biancolella, Coda di Volpe, Falanghina, Fiano, Forastera e Greco.

Ma come scegliere tra le restanti varietà rosse (Aglianico, Guarnaccia, Piedirosso e Sciascinoso)? La Guarnaccia è da scartare perchè anche se rossa, è una varietà che si coltiva (poco) quasi esclusivamente nell’isola di Ischia, e mancherebbe quindi di quella connotazione territoriale che invece il mio vino dovrà avere. Le altre tre varietà invece hanno molti legami col territorio nel quale sorgerà il mio vigneto, ovvero il comune di Pompei (NA), città famosa in tutto il mondo per le splendide rovine d’epoca romana. Si tratta di una scelta davvero molto difficile in quanto parliamo di tre uve davvero buone, ognuna per diversi motivi.

L’Aglianico, talvolta definito il “Barolo del Sud” per la ricchezza dei suoi aromi, si adatta alla perfezione ai terreni di origine vulcanica (come appunto quelli pompeiani), fornisce rese ottime e costanti, e resiste bene al freddo ed alle malattie. Si tratta però di una varietà che da il meglio di sè con terreni freddi e di alta quota, esattamente il contrario di quelli pompeiani che sono caldi e di poco al di sopra del livello del mare. Amo molto i vini realizzati con quest’uva ed avrei scelto volentieri questa varietà per il mio vigneto, ma non penso si sposi benissimo col mio terreno. Sono quindi costretto a cercare altro.

Lo Sciascinoso (conosciuto anche col nome di Olivella) è una varietà molto presente in Campania sin dai tempi dell’antica Roma, come dimostrano le scritture di Plinio. Si tratta di un vitigno molto vigoroso con germogliamento precoce e maturazione tardiva, con un’elevata acidità ma bassa concentrazione di zuccheri, il che lo rendono una varietà da taglio in quanto non capace di fornire la sufficiente struttura al vino. Anche questa varietà è quindi da scartarsi, almeno come v

A questo punto rimane solo il Piedirosso. Messa così, potrebbe sembrare una scelta effettuata per esclusione, si tratta invece di una decisione molto ponderata. Anche questa varietà, seconda soltanto all’Aglianico in Campania per estensione, è stata descritta in epoca romana da Plinio nel suo Naturalis Historia. È un vitigno molto vigoroso che trova il suo ambiente naturale in terreni di origine vulcanica, preferisce sistemi di allevamento poco espansi (e la mia superficie di 6 are è decisamente poco espansa), ha una maturazione medio-tardiva (solitamente nei primi 20 giorni di ottobre) e rese medio-basse ma costanti. Generalmente fornisce vini di buona struttura tannica, con un bel colore rubino, che si predispongono bene all’invecchiamento ma che possono essere bevuti anche giovani. Insomma, un vitigno che si sposa alla perfezione col mio terreno e con la mia idea di vino.

È assodato dunque che il mio vigneto sarà composto soprattutto da Piedirosso, più conosciuto in zona col suo nome in napoletano, ovvero Per’ e palummo (piede di colombo), in relazione ai pedicelli dei chicchi d’uva colorati di rosso proprio come quelli di una zampa di colombo. Siccome però questo vitigno in alcune annate meno fortunate difetta in termini di acidità (bassa) e colore (troppo tenue), mi voglio cautelare con la messa a dimora di una piccola percentuale di Sciascinoso, non più del 15%. Si tratta del resto di un “taglio” operato anche da cantine illustri della zona, come ad esempio Mastroberardino con il suo Villa dei Misteri, rievocazione del vino che veniva prodotto dagli antichi romani nell’antica Pompei.

Ma la scelta del vitigno è solo il primo tassello nel percorso di progettazione del vigneto, nei prossimi post analizzeremo nel dettaglio le altre caratteristiche che avrà l’impianto.

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