Una delle decisioni più importanti da prendere quando si realizza un nuovo vigneto è la varietà di uva che si intende allevare. Una volta scelta la varietà (Piedirosso e Sciascinoso nel mio caso), bisognerà procurarsi le relative barbatelle da mettere poi a dimora per la definitiva realizzazione dell’impianto. Ma la scelta della barbatella non è dettata solo ed esclusivamente dalla varietà d’uva che s’intende allevare, ma anche e soprattutto dal portinnesto più adatto. In quest’articolo analizzeremo nel dettaglio le caratteristiche e l’utilità del portinnesto così da poter selezionare con consapevolezza quello più adatto al proprio scopo.
Il portinnesto della barbatella nasce nella seconda metà del 1800 (XIX secolo) come mezzo di difesa dalla temibile fillossera, il parassita di origine nordamericana che pochi anni prima era comparso in Europa seminando panico e distruzione nei vigneti del vecchio continente. Proprio per contrastare il terribile parassita, si pensò bene di sfruttare le parti delle viti nordamericane ed europee che si dimostravano maggiormente resistenti alla fillossera: le radici della vite nordamericana e la chioma di quella europea (vitis vinifera). Si cominciarono quindi a produrre barbatelle bimembre con portinnesti “americani” (ovvero la parte inferiore con le radici) e nesti “europei” (cioè la parte superiore con la chioma). Questo è il motivo fondamentale per cui ancora oggi le barbatelle sono innestate, ovvero per rendere la pianta più resistente alla temibile fillossera.

Non tutte le viti americane però si dimostravano adatte all’innesto con la vite europea, così dopo svariate prove di innesto sono state individuate tre principali specie di vite americana adatte per l’innesto con la vite europea: vitis riparia, vitis berlandieri e vitis rupestris. Successivamente, per la formazione dei portinnesti, sono stati utilizzati gli ibridi a due vie delle tre specie sopra citate; avremo in questo caso una specie che funge da portaseme (“femmina”) e l’altra che funge da impollinatore (“maschio”). Questi sono gli ibridi a due via ancora oggi maggiormente utilizzati:
- vitis riparia x vitis rupestris;
- vitis berlandieri x vitis riparia;
- vitis berlandieri x vitis rupestris;
- vitis vinifera x vitis berlandieri.
Il primo nome indica la vite portaseme mentre il secondo nome indica la vite impollinante.
Col tempo però la funzione del portinnesto americano si è evoluta ed oggi la sua utilità non è solo quella di proteggere la vite dalla fillossera ma anche e soprattutto quella di mediare tra l’ambiente pedoclimatico in cui sorge il vigneto e le caratteristiche specifiche della varietà d’uva selezionata. Il portainnesto è oggi dunque un vero e proprio mezzo agronomico a disposizione del viticoltore per raggiungere una perfetta compatibilità della varietà alle condizioni del suolo con l’obiettivo finale di ottenere l’importantissimo equilibrio vegeto-produttivo della pianta. Si capisce quindi quanta importanza rivesti la scelta del portinnesto al momento della progettazione del vigneto.
Al momento i portinnesti più diffusi sono i seguenti:
- gruppo Berlandieri x Rupestris
- 1103 P
- 110 R
- 140 Ru
- 775 P
- 779 P
- Rupestris Du Lot
- gruppo Berlandieri x Riparia
- Kober 5 BB
- S0 4
- 420A
- 161.49
- 5 C
- gruppo Riparia x Rupestris
- 101.14
- 3309 C
- Schwarzmann
- gruppo Vinifera x Berlandieri
- 196.17
- 41 B
- Fercal
Ma la scelta del portinnesto più adatto alle proprie esigenze non è semplice perché i parametri da considerare sono molteplici:
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affinità d’innesto: è uno degli aspetti più importanti da valutare ai fini della buona riuscita dell’innesto in quanto la disaffinità porta alla morte del nesto. Considerato che la disaffinità totale d’innesto è immediatamente visibile in quanto si manifesta poco dopo l’innesto, la sua valutazione va effettuata dal vivaista in vivaio e non dal viticoltore. Di maggiore gravità è la disaffinità parziale in quanto può manifestarsi anche negli anni successivi all’impianto e quindi quando la vigna è in produzione.
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resistenza al calcare attivo e al ristagno idrico: per calcare totale di un terreno si intende l’insieme dei carbonati di calcio e di magnesio (da non confondersi quindi col “calcio”) espresso in % sul terreno secco analizzato: è considerato calcareo un terreno contenente oltre il 20% di calcare. Il calcare attivo è la parte solubile del calcare e anche questo si misura in % di carbonati di calcio e di magnesio. Tutti i terreni sono provvisti di calcare attivo, ma qualcuno lo è in modo particolare. Soprattutto in questi terreni, così come in quelli caratterizzati da fenomeni di ristagno idrico, l’elevata presenza di calcare attivo (5 – 10%) può rendere complicato l’assorbimento da parte della vite del fosforo e del ferro provocando fenomeni di clorosi (ingiallimento delle parti verdi di una pianta per la graduale scomparsa della clorofilla).
Vigneto con problemi di ristagno idrico L’utilizzo di portinnesti resistenti al calcare attivo ed al ristagno idrico può ovviare a questo problema. Ad esempio portinnesti quali il 140 Ru ed il 41 B sono caratterizzati da una tolleranza a livelli molto elevati di calcare attivo (30-40%) che consente loro, anche in queste condizioni estreme, di assorbire il ferro ed il fosforo in maniera efficiente evitando il manifestarsi di fenomeni di clorosi.
Vite affetta da clorosi -
resistenza alla siccità: è uno dei parametri più importanti da valutare nella scelta del portinnesto in quanto la viticoltura di qualità prevede apporti irrigui moderati o addirittura nulli. Diventa quindi fondamentale che il portinnesto scelto sia resistente alla siccità, ovvero in grado di agevolare uno sviluppo radicale profondo (dove gli effetti della siccità sono minori) e capace di assorbire l’acqua anche in condizioni di siccità.
Morfologia della radice di una vite Ad esempio i portinnesti 420A, 1103 P e 110 R, caratterizzati da una buona o elevata resistenza alla siccità, sono dotati normalmente di un apparato radicale fittonante, profondo; gli altri portinnesti invece, hanno radici abbastanza superficiali che li rendono più sensibili a stress idrici ma più resistenti a condizioni di elevata umidità del suolo. Non bisogna però commettere l’errore di pensare che il solo portinnesto sia in grado di garantire la piena resistenza della pianta alla siccità; è necessario infatti associare al portinnesto altri fattori ugualmente importanti come il sesto d’impianto, la forma di allevamento e le pratiche colturali: gestione del suolo (sovescio, fresatura, concimazione…), diradamento, gestione del verde, ecc.
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vigore indotto: ogni varietà d’uva è caratterizzata da una propria vigoria, ci sono infatti alcune varietà d’uva con vigoria elevata (come ad esempio il fiano e il rondinella) ed altre con vigoria debole (come ad esempio il grignolino, il pinot grigio, il pecorino….). Essendo fondamentale in viticoltura il raggiungimento dell’equilibrio vegeto-produttivo (una vite si definisce in equilibrio vegeto-produttivo quando non eccede nel carico produttivo ed è ben supportata da un adeguato sviluppo vegetativo), è necessario scegliere portinnesti deboli con varietà vigorose e viceversa adottare portinnesti più vigorosi con varietà deboli.
Esempio di vigneto caratterizzato da un ottimo equilibrio vegeto-produttivo Anche nel caso della vigoria però, così come nel caso della resistenza alla siccità analizzata al punto precedente, non bisogna commettere l’errore di attribuire al solo portinnesto l’obiettivo dell’equilibrio vegeto-produttivo; anche in questo caso infatti il risultato finale deve essere raggiunto agendo contemporaneamente su variabili strutturali (come la forma di allevamento) e sul tipo di gestione agronomica che si intende attuare (gestione del suolo, concimazione ecc.), oltre che appunto sul portinnesto.
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efficienza nell’assorbimento dei nutrienti: una delle prime attività che si deve compiere quando si decide di realizzare un nuovo vigneto è quella di verificare le caratteristiche fisico-chimiche del suolo così da comprendere la dotazione di elementi minerali del terreno, che saranno poi i nutrienti della vite che si metterà a dimora.
Foglia di vite con carenza di potassio Si dovrà quindi scegliere un portinnesto che sia in grado di assorbire quei nutrienti; molti portinnesti infatti risultano avere difficoltà nell’assorbimento di taluni elementi, quindi sceglierli per varietà già di per sé poco efficienti nell’assorbire quel particolare nutriente potrebbe comportare un grave scompenso nutrizionale con impatti negativi sui risultati produttivi e qualitativi. Ad esempio i portinnesti SO4 e 110 R mostrano una elevata selettività nell’assorbimento del potassio, per cui si potrebbe verificare una carenza di magnesio nella pianta a meno che questo elemento non sia presente nel terreno in quantità molto alte.
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sensibilità alla stanchezza del terreno: prima di realizzare un nuovo vigneto o prima di reimpiantarne uno esistente, è sempre buona prassi concedere al terreno un adeguato periodo di riposo mediante coltivazione di piante erbacee (ad esempio le graminacee). Non sempre però è possibile (spesso per motivi economici) concedere questo riposo, generando così facendo la “stanchezza del terreno”, un fenomeno legato all’accumulo all’interno del suolo di tossine derivate dall’attività degli apparati radicali del vecchio vigneto e sovente aggravato dalla presenza di parassiti vari come funghi, batteri e nematodi. La stanchezza del terreno causa al nuovo vigneto problemi di sviluppo ridotto, moria delle piante ed una vita media più corta. Su un terreno “stanco” è consigliato l’uso di un portinnesto vigoroso (come il 1103P o il 779P), su un terreno “riposato” è invece meglio orientarsi su un portinnesto poco vigoroso (come ad esempio il 420A).
In funzione dei 6 parametri sopra descritti è possibile generare svariate combinazioni varietà/portinnesto allo scopo di individuare la barbatella più adatta al proprio terreno. I Vivai Rauscedo (dove ho acquistato le barbatelle per il mio vigneto) hanno allo scopo redatto la seguente tabella sinottica:
Per ogni tipologia di portinnesto (prima colonna a sinistra) è possibile valutare le caratteristiche di:
- vigoria indotta;
- resistenza al calcare attivo;
- I.P.C. (Indice del Potere Clorurante), ovvero la resistenza alla clorosi da calcare;
- adattabilità alle diverse tipologie di terreno: umido, secco/ciottoloso, sabbioso, argilloso, acido, salino;
- resistenza ai nematodi.
Leggendo attentamente la tabella è possibile sintetizzare le caratteristiche dei singoli portinnesti come indicato di seguito:
- gruppo berlandieri x riparia
- Kober 5 BB: adatto ad ambienti freschi, con terreni a diverso impasto, da pesanti a leggeri, o anche ricchi di scheletro purché non eccessivamente calcarei. Data la sua vigoria è bene evitare di utilizzarlo in terreni troppo fertili.
- S0 4: portinnesto di media vigoria, può essere opportunamente usato anche in terreni pesanti purché non asfittici od eccessivamente clorosanti. È sconsigliato il suo utilizzo per varietà sensibili al disseccamento del rachide e in terreni che presentano un rapporto squilibrato tra magnesio, potassio e calcio.
- 420A: portinnesto di modesta vigoria adatto ad ambienti asciutti e terreni pesanti, anche leggermente clorosanti. Lo sviluppo iniziale è lento soprattutto in terreni freddi; successivamente induce un ottimo equilibrio vegeto-produttivo.
- 161.49: vigoria limitata e discreta resistenza al calcare ne consentono l’utilizzazione in diversi ambienti, specialmente per impianti a media e alta densità. Influenza positivamente la qualità dei vini, bianchi in particolare.
- 5 C: di caratteristiche abbastanza simili al Kober 5 BB, si differenzia per un migliore adattamento ai terreni poveri.
- gruppo berlandieri x rupestris
- 1103 P: portinnesto vigoroso, elastico, presenta un elevato grado di affinità con tutte le varietà. Resiste alla siccità e si adatta bene a quasi tutti i terreni, anche a quelli argilloso-calcarei.
- 110 R: adatto ad ambienti difficili e per terreni non eccessivamente dotati in calcare, poveri ed asciutti. È un tipico portinnesto per ambienti caldi e siccitosi.
- 140 Ru: molto vigoroso, presenta un’elevata resistenza alla siccità e al calcare. Non sempre riesce ad indurre nell’europeo il giusto equilibrio vegeto-produttivo con conseguente scadimento del livello qualitativo del prodotto uvicolo.
- 775 P: vigoroso, adatto ai terreni non eccessivamente pesanti anche se secchi o mediamente calcarei.
- 779 P: molto vigoroso, rustico, si adatta ai terreni magri e difficili. Presenta un’ottima resistenza alla siccità mentre si adatta meno del 1103 P ai terreni calcarei. Attualmente è poco utilizzato per la sua non ottimale compatibilità con molte varietà.
- Rupestris Du Lot: presenta buona vigoria e discreta resistenza al calcare attivo. Resiste alla siccità ma è bene non utilizzarlo in terreni troppo compatti.
- gruppo riparia x rupestris
- 101.14: induce una maggiore precocità nella maturazione, grazie al suo corto ciclo vegetativo e alla debole vigoria. Adatto ad ambienti freschi, umidi e non calcarei.
- 3309 C: di debole vigoria, si adatta bene ai terreni non clorosanti di medio impasto e non secchi. Il debole vigore permette di ben utilizzarlo in impianti fitti atti a produzioni di elevata qualità.
- Schwarzmann: di sufficiente vigoria, si adatta anche a terreni argillosi ed asciutti. È più rustico del 3309 C e del 101.14.
- gruppo vinifera x berlandieri
- 196.17: presenta un’ottima vigoria e una bassa resistenza al calcare attivo. Si adatta bene ai terreni acidi, secchi, ciottolosi, magri, anche sabbiosi.
- Gravesac: presenta una buona vigoria, debole resistenza al calcare ed ottimo adattamento ai terreni acidi.
- 41 B: presenta buona vigoria e elevata resistenza al calcare; è utilizzabile in ambienti caldi e clorosanti oppure anche in zone settentrionali purché non in presenza di terreni freddi, asfittici e pesanti.
- Fercal: presenta un’elevata resistenza al calcare, superiore a quella del 41 B e del 140Ru. Vigoroso, sensibile alla carenza magnesiaca e utilizzabile in terreni dove la presenza in calcare attivo è difficilmente tollerabile da altri portinnesti.
La scelta del portinnesto rappresenta sicuramente uno dei momenti più delicati nella progettazione di un impianto di vigneto e deve essere fatta in modo oculato analizzando attentamente le caratteristiche di ciascuno di essi, della varietà e dell’ambiente pedo- climatico in cui ci si trova ad operare. Gli errori commessi in questa fase difficilmente possono essere corretti in modo soddisfacente anche con la più oculata gestione agronomica.
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Per la scrittura di questo articolo ho preso alcuni spunti anche dai seguenti siti:
Molto interessante.
L’ha ribloggato su LA FILLOSSERAe ha commentato:
Un interessante approfondimento sul portainnesto.