Il sovescio del vigneto in 7 mosse, per un vino naturale e biologico

Quando si parla di vino, qualcuno dimentica che si tratta di una bevanda alcolica ottenuta dall’uva. E quando si parla d’uva, molti ignorano che si tratta del frutto di una pianta chiamata vite (vitis vinifera per la precisione). Quando si parla della vite, tanti dimenticano che le sue radici affondano nel terreno in profondità (ci sono casi documentati di radici profonde fino a 50 metri). Praticamente nessuno è a conoscenza del fatto che le radici scavano così in profondità per nutrire la vite e quindi il suo frutto, l’uva. Solo qualcuno è conscio del fatto che tutti i nutrienti presenti nell’uva si ritrovano al pari nel vino che da quell’uva si è ottenuto. Insomma, c’è poca consapevolezza del vino come frutto della terra da cui si è originato (seppur attraverso la fondamentale azione dell’uomo). Il terreno rappresenta quindi l’ingrediente principale per la realizzazione di un vino buono e sano. Non che le altre componenti agronomiche ed enologiche che intervengono nel processo non lo siano (tutt’altro), ma la terra rappresenta il punto di partenza per un vino di qualità, superato il quale l’intervento umano è volto solo ed esclusivamente a preservare quanto più è possibile le caratteristiche e le qualità originarie delle uve da cui quel vino è stato ottenuto. Questo è il motivo per cui da che ho intrapreso questo percorso da vignaiolo (ignorante) ho sempre nutrito profondo rispetto per la terra mediante la pratica di una viticoltura biologica, che non facesse quindi ricorso a prodotti di sintesi, i quali vengono inevitabilmente assorbiti dal terreno dopo averne gravemente danneggiato la fauna che lo popola (vermi, insetti ecc.).

In pratica per gestire il vigneto ricorro esclusivamente ed in dosi controllate al rame (per la prevenzione della peronospora) ed allo zolfo (per la prevenzione dell’oidio), due elementi da sempre efficaci nella lotta a queste due insidiose malattie fungine. Per tutte le altre attività ricorrenti nella gestione agronomica del vigneto, soprattutto il diserbo (ovvero il controllo delle erbe infestanti), mi affido esclusivamente al mio sudore, ai miei muscoli e a qualche alleato meccanico (ad esempio il decespugliatore).

Ma il terreno non è una fonte inesauribile di nutrienti, tutt’altro. Gli elementi che lo compongono, per quanto ricchi, sono destinati ad esaurirsi nel tempo a causa della loro cessione alla flora che lo popola. È pertanto necessario mantenere nel tempo costantemente “vivo” il terreno mediante l’apporto dei nutrienti persi. Quest’attività è famosa col nome di concimazione e, a causa dello sfruttamento intensivo dei terreni, è praticata quasi in tutto il mondo mediante l’utilizzo di fertilizzanti chimici, che apportano benefici rapidi nel breve periodo ma che nel lungo danneggiano (talvolta irrimediabilmente) il terreno dalla superficie fino alle falde acquifere.

Chi pratica un’agricoltura biologica (o addirittura biodinamica) invece, anziché ricorrere alla concimazione di sintesi, si affida a quella naturale tramandataci dai nostri nonni: parliamo soprattutto di concime naturalmente presente in natura come lo stallatico (ovvero lo sterco) o il sovescio (dalle mie parti, in provincia di Napoli, definito anche “o’ Pascone“). Anche io, da buon vignaiolo (ripeto, ignorante) biologico, ricorro alla concimazione organica. È così che dopo lo spargimento di stallatico in fase di scasso del terreno, lo scorso inverno mi sono imbattuto per la prima volta nella pratica del sovescio.

Cos’è il sovescio?

Il sovescio è un’antica pratica agraria che prevede la semina di erbe in purezza (ovvero tutte dello stesso tipo) o consociate (ovvero un mix di erbe diverse) che verranno poi totalmente interrate. Si tratta di una tecnica non complicata e che non comporta l’utilizzo di attrezzature sofisticate.

A cosa serve il sovescio?

Il sovescio serve soprattutto per fertilizzare in modo naturale e biologico il terreno e quindi a favorire la coltura principale che si coltiva su quel terreno, la vite nel mio caso. Si tratta di una tecnica di fertilizzazione indispensabile in agricoltura e viticoltura biologica in quanto è in grado di produrre enormi quantità di azoto a costi decisamente contenuti oltre che senza alcun impatto ambientale, diversamente da quanto accade con i fertilizzanti di tipo chimico. Il sovescio rappresenta quindi una tecnica di fertilizzazione che ogni agricoltore o viticoltore amante della natura dovrebbe praticare, anche perché la sua utilità non si limita alla sola funzione fertilizzante, ma si allarga alla protezione del suolo dall’attività erosiva della pioggia e del vento, alla protezione della falda dai nitrati (che senza il “freno” delle erbe da sovescio penetrerebbero in profondità), alla stabilità strutturale del terreno favorita dalle radici delle erbe, al controllo delle infestanti (che dovranno competere con le erbe da sovescio per il loro sostentamento) e di alcuni parassiti.

Una volta appurata l’utilità del sovescio, è il momento di agire e mettere in pratica questa importante pratica agricola. Io l’ho fatto in 7 passaggi consecutivi e ve li illustro qui di seguito, così che ognuno di voi possa farlo nel proprio vigneto o nel proprio giardino.

1. Quali erbe selezionare per il sovescio?

La prima decisione da prendere per la realizzazione del sovescio è la scelta delle erbe da interrare. In linea di massima va preferita la semina di erbe miste così da ottenere un apporto di nutrienti variegato, dovuto al fatto che ogni erba ha la sua specifica composizione (un’erba è più ricca di azoto mentre un’altra può esserlo di potassio). In questo modo c’è suddivisione del rischio, equilibrio nei tempi di rilascio dei nutrienti (più rapido ad esempio nelle Leguminose e più lento per Crocifere e Graminacee), diversificazione e competizione tra le diverse tipologie di erbe. Nella scelta è inoltre preferibile propendere verso quelle essenze la cui crescita e diffusione sono più rapide, così che nel periodo che intercorre tra la semina del sovescio ed il suo interramento si sviluppi quanta più biomassa possibile. Non avendo particolari competenze agronomiche (del resto, rimango sempre un #vignaioloignorante), per la scelta del mix di semi mi sono affidato ad un prodotto già pronto all’uso (ovvero già “miscelato”) e specifico per il vigneto che ho acquistato su eBay per € 80,99 (10 Kg).

 

2. Come preparare il terreno?

Dopo aver scelto il mix di semi da piantare, è opportuno preparare il terreno con una fresatura così da predisporlo ad accogliere le nuove essenze nel migliore dei modi. La fresatura del terreno è importante perché lo “ammorbidisce” ed in questo modo le radici delle nuove erbe si diffonderanno più facilmente in quanto troveranno minore resistenza. A tal riguardo va detto che più in profondità agisce l’azione della fresatura più efficace sarà il sovescio; in tal senso basta ricordare che Erba Medica, Trifoglio Violetto, Lupino e Cavolo Cinese, raggiungono anche 1,5 – 2 metri di profondità, Veccia, Colza e Senape si attestano intorno al metro. Per eseguire questa importante attività mi sono avvalso dell’aiuto di Vincenzo e del suo trattore scintillante, lo stesso utilizzato per lo scasso del terreno in fase di realizzazione dell’impianto.

 

3. Come seminare?

Una volta preparato il terreno, è possibile seminare le essenze selezionate in precedenza. La semina avviene alla rinfusa, ovvero semplicemente cospargendo il terreno con i semi e non interrandoli in profondità. In questa fase è importante coprire omogeneamente il terreno e per farlo è necessaria una certa manualità, che io ho acquisito soltanto dopo diversi tentativi. Sembra una banalità ma non lo è. Dopo aver cosparso i semi alla rinfusa, per favorirne il germogliamento e l’attecchimento, basterà rastrellare per bene il terreno così da coprire le sementi con un leggero strato di terra. Arrivati a questo punto basterà fare affidamento al sole ed alla pioggia affinché il sovescio cresca nel modo più veloce e rigoglioso possibile.

 

4. Quando effettuare la semina?

In linea generale, la semina va fatta poco dopo la raccolta della coltura principale. Nel caso della vite quindi, il sovescio va effettuato dopo il periodo della vendemmia, ovvero in autunno (in periodi variabili grosso modo tra ottobre e novembre a seconda della zona geografica). Nel mio caso, visto il prolungarsi del caldo anche in autunno, ho atteso il 15 novembre per effettuare la semina.

5. Quando interrare la biomassa?

In linea di massima, al fine di favorire una più rapida cessione al terreno dei nutrienti contenuti nelle essenze, il momento migliore per interrare la biomassa è la fase di prefioritura. In questa fase del ciclo vegetativo la pianta ha infatti raggiunto il suo massimo sviluppo e da quel momento in poi inizia ad aumentare la percentuale di fibra nei tessuti, e con questo il tempo di cessione al terreno dei nutrienti. L’interramento in fase di prefioritura evita quindi che la quantità di azoto trasferita al terreno venga ridotta perché sfruttata dall’erba per portare a maturazione i semi contenuti nei propri fiori (fioritura), così da rendere l’intero processo più efficace. La vite però sfugge a questa regola generale in quanto, essendo una coltura arborea (e non ortiva), il rilascio di nutrienti serve che sia più dilazionato nel tempo; ben venga allora un interramento a fioritura inoltrata (soprattutto se associato ad una selezione di erbe miste) che facilita quindi il rilascio graduale nel tempo dei nutrienti. Proprio per favorire un rilascio graduale, anche io ho aspettato che le erbe fiorissero prima di procedere all’interramento del sovescio.

6. L’operazione di sfalcio

Una volta stabilito quando intervenire, prima dell’interramento vero e proprio, è estremamente importante trinciare (sminuzzare) la biomassa. La trinciatura si rende necessaria sia per ridurre il volume di essenze da dover interrare sia per “ammorbidire” gli steli che altrimenti sarebbero duri e legnosi, quindi più difficili da smaltire ed in più tempo. Anche per lo sfalcio, così come per la fresatura, ho chiesto aiuto a Vincenzo il trattorista. La massa verde così trinciata dovrà poi essere lasciata ad asciugare sul terreno per circa uno o due giorni, o per un tempo maggiore o inferiore in funzione delle condizioni atmosferiche e la temperatura (se ha piovuto e/o fa freddo si aumentano i giorni, se fa molto caldo si diminuiscono).

 

7. L’interramento

Dopo l’essiccazione della biomassa, manca un ultimo step per concludere l’intero processo, ovvero quello dell’interramento. Affinché anche questo passaggio sia eseguito in modo efficace, è necessario intervenire in superficie (massimo a 20 centimetri di profondità) in quanto azioni in profondità possono rendere difficile l’assorbimento dei nutrienti da parte delle giovani radici e perché le fermentazioni della biomassa appena interrata potrebbero colpire le radici della vite ed agire negativamente sul loro sviluppo. È inoltre necessario che l’interramento avvenga attraverso una miscela degli strati superficiali del terreno con la biomassa trinciata, così da rendere omogenea la distribuzione e quindi il rilascio dei nutrienti. Anche in questo caso mi sono affidato a Vincenzo ed al suo trattore; diversamente non avrei saputo come fare.

Facile da mettere in pratica, il sovescio è una pratica troppo efficace per la fertilizzazione del suolo per non essere considerata, anche e soprattutto da un #vignaioloignorante come me.

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5 risposte a "Il sovescio del vigneto in 7 mosse, per un vino naturale e biologico"

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