Si è da poco conclusa la mia seconda estate da #vignaioloignorante, anche questa senza vendemmia. Le mie viti sono infatti ancora troppo piccole per essere in grado di produrre uva a sufficienza e senza un grado zuccherino sufficiente a garantire un risultato soddisfacente in cantina. Allora meglio spezzare sul nascere ogni sogno di “gloria enologica”, ed è così che a luglio ho deciso di tagliare tutti i grappoli d’uva presenti sulle piante. Non dovendo vendemmiare, ho ritenuto utile non sprecare le preziose energie della pianta nella crescita e nello sviluppo degli acini, da destinare invece nella crescita e nel rafforzamento del fusto; magari così facendo l’anno prossimo le viti avranno finalmente la forza necessaria per far maturare in modo pieno ed “abbondante” le uve, condizione necessaria per poter pensare ad una vinificazione.
Anche senza la vendemmia, si è trattato di un’annata comunque ricca di lavoro e sudore. E questo perché essendo piccole, le viti sono anche più fragili e quindi inclini a contrarre malattie fungine o attacchi parassitari, per cui l’attenzione durante tutta l’estate è stata sempre ai massimi livelli. Da questo punto di vista si è trattato di un’annata comunque meno impegnativa rispetto a quella del 2014, che fu condizionata da abbondanti piogge (oltre che dalla mia inesperienza, si trattava pur sempre della mia prima estate da vignaiolo, per di più ignorante!) e quindi da attacchi di Peronospora record per la zona. Proprio perché memore delle difficoltà riscontrate nel 2014, prima dell’inizio dell’estate ho messo in pratica una serie di azioni con l’obiettivo di comprendere meglio le condizioni pedoclimatiche specifiche del mio vigneto, fondamentali per mettere in pratica tutte le azioni preventive di difesa del vigneto dalle malattie (soprattutto in ambito biologico).
Comprendere appieno le precise condizioni climatiche del proprio vigneto è infatti estremamente importante al fine di programmare al meglio le azioni di lotta alle malattie della vite (soprattutto fungine). Se ciò è vero in generale, lo è ancora di più in ambito biologico in quanto i prodotti fitosanitari non agiscono per assorbimento diretto dell’organismo ma per contatto (ragion per cui basta una pioggia di media intensità per azzerarne l’efficacia), per cui se ne rende necessario un uso oculato. Gli elementi da prendere in considerazione per misurare le condizioni pedoclimatiche sono la temperatura, l’umidità, la pioggia e talvolta anche il vento; sono infatti questi i fattori che determinano lo sviluppo delle malattie della vite. Al fine di monitorare al meglio questi elementi, prima dell’inizio della stagione estiva ho installato nel mio vigneto una piccola (e rudimentale) stazione meteo composta da un pluviometro ed un termo-igrometro. Ho speso in totale soli € 21,83 su Amazon, davvero nulla se si considera che in questo modo ho la possibilità di conoscere in modo puntuale ed analitico il vigneto e le condizioni climatiche che lo caratterizzano.
Grazie all’installazione della stazione meteo, diversamente dall’anno scorso, quest’anno sono stato in grado di conoscere giorno per giorno la temperatura minima e massima, l’umidità minima e massima, ed infine la pioggia registratesi nel mio vigneto. Scopro così che l’estate 2015 (che ricordo va dal solstizio d’estate del 21 giugno all’equinozio d’autunno del 23 settembre) è stata eccezionalmente calda:
- temperatura minima media: 18°;
- temperatura massima media: 33°;
- umidità minima media: 41%;
- umidità massima media: 93%.
Ma il risultato più importante che sono stato in grado di ottenere mediante l’ausilio della stazione meteo è stato quello di conoscere con esattezza la quantità di pioggia caduta nel mio vigneto: 39mm nell’intero periodo estivo, a dimostrazione di un’estate poco piovosa (una media di soli 0,4mm al giorno). Questa conoscenza mi ha dato la possibilità di intervenire con i trattamenti fitosanitari (rame e zolfo biologici) nel momento esatto in cui era necessario, ovvero dopo piogge di media intensità (almeno 5mm) o comunque entro massimo 10-15 giorni dall’ultimo trattamento (a causa della perdita di efficacia dei prodotti irrorati in precedenza che, essendo biologici, agiscono per contatto e che quindi decadono dopo un periodo di tempo variabile in funzione delle condizioni climatiche).
Fino all’anno scorso non era così perché non conoscendo l’esatta quantità di pioggia caduta nel vigneto ero costretto a regolarmi sulla base delle mie sensazioni; quest’anno invece i miei interventi sono stati molto più scientifici, ovvero eseguiti quando le condizioni lo richiedevano. Il risultato è stato quello di ottenere una gestione dei fitofarmaci molto più efficace: in pratica ho ottenuto risultati migliori dell’anno scorso utilizzando meno rame e zolfo (pur riconoscendo il 2015 come un’annata più semplice da gestire). E questo è sempre un bene sotto molteplici punti di vista:
- per il terreno che in questo modo assorbe meno rame e zolfo, che aldilà del fatto che siano destinati all’agricoltura biologica sono pur sempre metalli. Un eccesso di zolfo nel terreno ad esempio provoca l’acidificazione del suolo (con conseguenti carenze di magnesio e calcio) mentre l’eccesso di rame può in casi estremi provocare addirittura la morte della pianta dopo avvizzimento (a dimostrazione della sua fitotossicità);
- per la flora e la fauna che entrando di meno a contatto con questi metalli godranno di evidenti vantaggi in termini di biodiversità del suolo. Questo è vero soprattutto per quegli insetti e acari che popolano il vigneto e che sono al contempo predatori naturali degli altri insetti nocivi per la vite: diminuendo la probabilità di entrare in contatto con rame e zolfo, il loro numero e la loro varietà crescerà e con essa la capacità di difendere in modo del tutto naturale la vite dagli insetti nocivi con una conseguente minore necessità di interventi fitosanitari (meno malattie, meno trattamenti);
- per i lieviti presenti sulla buccia dell’uva, che sono estremamente importanti in quanto danno il via alla fermentazione massiccia del mosto quando l’uva viene pigiata e schiacciata. Molti studi recenti dimostrano infatti che un uso eccessivo di rame e zolfo danneggia ed uccide la maggior parte dei lieviti (la cosiddetta pruina) che avvolgono gli acini, rendendo molto complicato l’innesco spontaneo della fermentazione con i lieviti indigeni, e rendendo quindi necessario l’utilizzo di lieviti selezionati (ovvero realizzati in laboratorio) con una conseguente perdita di biodiversità e l’ottenimento di un profilo aromatico del vino meno ampio ed unico, ovvero standardizzato e poco legato al terroir;
- per il vignaiolo che inevitabilmente entrerà di meno in contatto con questi metalli. Pur trattandosi di prodotti naturali e biologici (e quindi di gran lunga migliori di qualche prodotto di chimica organica) parliamo pur sempre di metalli e, benché non tossici per l’uomo se usati nelle dosi consigliate, alla lunga potrebbero causare problemi di salute (da qui il mio consiglio di indossare sempre una maschera a pieno volto durante i trattamenti!). Con la diminuzione dei trattamenti inoltre, il vignaiolo avrà più tempo da dedicare ad altre importanti pratiche agronomiche che permettono alla vite di diventare anno dopo anno più resistente ai funghi come sfogliature attorno al grappolo, potature verdi, gestione dell’erba. Così facendo nel tempo ci sarà sempre meno necessità di intervenire con i trattamenti, innescando ancora una volta un circolo virtuoso benefico per la natura;
- per le altre colture ed i corrispondenti frutti presenti nei paraggi del vigneto (nel mio caso diverse piante come noce, nocciolo, albicocco, prugno, limone, arancio, pompelmo, melograno, ulivo) che avranno minori probabilità di entrare in contatto col rame e con lo zolfo trasportati dal vento.
I benefici della stazione meteo nel vigneto non finiscono però con un uso più oculato ed accorto del rame e dello zolfo, ma si estendono anche ad una maggiore capacità di archiviazione dei dati meteo del proprio vigneto. Si tratta di un beneficio enorme e da non sottovalutare, in quanto la conoscenza delle condizioni pedoclimatiche specifiche del vigneto rappresentano un patrimonio indispensabile per la gestione biologica dello stesso. Non è infatti pensabile da questo punto di vista affidarsi ai bollettini meteo emessi periodicamente per ogni singola città in quanto le condizioni climatiche possono cambiare in brevi spazi, a volte addirittura tra un filare e l’altro.
L’archiviazione dei dati meteo del vigneto offre inoltre la possibilità per il vignaiolo di poter confrontare le condizioni climatiche del vigneto in epoche diverse. Solo con l’archivio meteo il vignaiolo sarà infatti in grado di valutare le differenze climatiche che ci sono state tra un’annata e l’altra, acquisendo in questo modo l’esperienza giusta per affrontare nel modo corretto tutti i possibili scenari climatici. Si pensi ad esempio all’utilità per il vignaiolo di verificare nel passato come sia maturata l’uva al verificarsi di condizioni climatiche simili e quale sia stato il risultato finale; si tratta di informazioni davvero molto delicate ed importanti che non sarebbero accessibili senza l’ausilio di una stazione meteo.
La stazione meteo consente quindi di conoscere con esattezza le condizioni pedoclimatiche specifiche del proprio vigneto, offrendo così al vignaiolo la possibilità di gestire e curare il proprio vigneto sulla base di dati certi e non aleatori (si pensi ad esempio all’importanza di sapere quando si verificano le condizioni della regola dei tre dieci per attivare subito la difesa del vigneto contro la Peronospora). Una scelta inevitabile per tutti i vignaioli che vogliono produrre un vino il più naturale possibile.
Questi in sintesi i benefici della stazione meteo:
- terreno incontaminato;
- maggiore biodiversità;
- salvaguardia dei lieviti indigeni;
- sicurezza del vignaiolo;
- protezione delle altre colture;
- archiviazione e confronto dei dati meteo.
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