La Peronospora, un killer silenzioso e letale da prendere….col rame.

Quella conclusasi da qualche mese è stata la mia prima estate da viticoltore. Si è trattato senza dubbio di un’estate anomala, piena di pioggia e bombe d’acqua anche in pieno agosto, poche giornate di sole e neanche tanto calde. Un’estate talmente assurda e ricca di record che la Germania è riuscita persino a battere il Brasile al Maracana per 7 a 1. Ed è stata l’estate in cui ho conosciuto per la prima volta la Peronospora.

In questo nuovo articolo del mio blog racconterò di come ho conosciuto questo “simpatico” fungo e di cosa ho fatto per togliermela di torno (senza riuscirci ovviamente, da buon #vignaioloignorante), così che magari la mia esperienza possa servire da lezione a qualche altro folle vignaiolo dell’ultima ora.

Da amante del vino mi era già capitato di sentire il nome “Peronospora” ancor prima dell’estate 2014, ma ne avevo sempre ignorato il significato e soprattutto le innate capacità distruttrici. Ne sapevo talmente poco che quando mi avventuravo nella pronuncia di questo termine puntualmente inciampavo nell’errore di mettere la “e” al posto dell’ultima “o”: peronospEra! Soltanto ora capisco che non si trattava di un difetto di pronuncia ma dell’inconscia speranza (peronoSPERA) di non imbattersi mai in questo losco individuo. Speranza vana. Il terribile fungo si è presentato nel mio vigneto senza alcun invito nel giugno del 2014, e da allora è stato tutto fuorché amicizia.

Cos’è
Ma esattamente cos’è la Peronospora? È una delle malattie più gravi e più diffuse della vite (ma anche di tante altre piante) causata da un fungo microscopico chiamato Plasmopara viticola, microrganismo appartenente alla classe degli oomiceti. Come spesso capita per le malattie della vite, anche la Peronospora non ha origini europee bensì americane; questo fungo venne accidentalmente importato in Francia intorno al 1878 diffondendosi poi in tutta Europa (Italia compresa), ricalcando in pratica la stessa dinamica avutasi con la terribile fillossera. Fu proprio a causa dell’importazione dall’America di portainnesti resistenti alla fillossera che la Peronospora si diffuse in tutta Europa.

Cause
Questo fungo sverna sotto forma di oospore nelle foglie malate cadute a terra durante il periodo invernale. Nella successiva primavera, al verificarsi di condizioni idonee, ovvero una pioggia negli ultimi uno o due giorni di almeno 10 mm, temperatura non inferiore a 10°C e germogli della lunghezza media di 10cm (la famosa “regola dei tre dieci” ideata da Baldacci nel 1947), le oospore germinano e producono dei piccoli elementi detti macroconidi che, trasportati dal vento, si depositano sulla giovane vegetazione (infezione primaria), invadono il tessuto e, dopo un periodo di incubazione (da 4 o 5 giorni se la temperatura è di 20-26 °C con alta umidità a 14-15 giorni se la temperatura è di 14-15 °C con bassa umidità), la malattia si manifesta con una muffetta biancastra sulle parti infette.

La classica muffetta bianca della Peronospora della vite.
La classica muffetta bianca della Peronospora della vite.

Da questa muffetta si staccano i microconidi che rappresentano i germi per ulteriori infezioni (infezioni secondarie) che si verificano ogni volta che pioggia o rugiada bagnano le parti verdi per un tempo sufficientemente lungo (ad esempio alla temperatura di 25°C sono sufficienti circa 2 ore). A fine stagione sulle foglie infette si ricreano le oospore che permettono alla malattia di passare l’inverno e chiudere in questo modo il cerchio.

Sintomi
La Peronospora colpisce quasi tutti gli organi della vite: foglie, grappoli e germogli erbacei (ovvero le parti legnose della pianta) con sintomi tipici e caratteristici. I sintomi però variano in funzione dell’organo colpito:

  • nelle foglie la sintomatologia può essere a macchia d’olio o a mosaico. Nel primo caso, tipico delle infezioni primarie, il fungo si evidenzia con chiazze tondeggianti traslucide, inizialmente verde più chiaro quindi giallastre, sparse sul lembo (da qui il termine “a macchia d’olio”). Nella pagina inferiore della foglia, in corrispondenza delle “macchie d’olio” e soprattutto in condizioni di elevata umidità, compare un feltro miceliare biancastro dall’aspetto simile alla muffa. Infine la macchia, per il completamento del ciclo fungino, necrotizza (ovvero muore) partendo generalmente dal centro, producendo disseccamenti localizzati che possono provocare un’anticipata caduta della foglia.

La sintomatologia a mosaico è invece tipica delle foglie più vecchie e di attacchi tardivi di piena o fine estate. La sintomatologia a mosaico si manifesta con piccole macchie pallido-verdastre (poi necrotiche) localizzate soprattutto vicino alle nervature e sparse su tutta la superficie fogliare. Anche in questo caso, nella pagina inferiore della foglia si notano piccoli ciuffi di micelio (“muffa”) in corrispondenza della mosaicatura.

Peronospora della vite a "mosaico".
Peronospora della vite a “mosaico”.
  • nel caso in cui ad essere colpito sia il grappolo, l’attacco peronosporico può essere precoce o tardivo. L’attacco precoce si evidenzia con un’improvvisa deformazione della parte terminale del grappolo che si incurva ad uncino ed assume una colorazione brunastra, come se fosse stato scottato (allessatura). Successivamente, soprattutto in condizioni di elevata umidità, tutto il grappolo si ricopre della caratteristica muffetta biancastra. Anche in post-allegagione (ovvero dopo che si sono formati gli acini) il grappolo può essere colpito dalla peronospora la quale entra attraverso gli stomi (in pratica delle aperture che consentono lo scambio gassoso fra interno ed esterno, in particolare l’entrata di anidride carbonica e la fuoriuscita di ossigeno) dei piccoli acini fino a che questi non vengono atrofizzati; dopo questo momento la peronospora può “entrare” nel grappolo solo attraverso il peduncolo (ovvero il tralcio principale da cui si sviluppa poi l’intero grappolo). Generalmente l’infezione del giovane grappolo si manifesta con una muffetta biancastra che si sviluppa attorno ai piccoli acini ed il rachide (ovvero quel rametto che collega i vari chicchi d’uva) diviene allessato e spesso contorto (curvato a “S”).
    Peronospora precoce del grappolo.
    Attacco precoce di Peronospora al grappolo e curvatura ad uncino.

    Nei casi in cui l’infezione si manifesta tardivamente, sui grappoli i cui acini sono già ingrossati oppure già “invaiati” (ovvero si sono colorati di rosso o bianco a seconda della varietà d’uva), non compare nessuna muffa sugli acini; questi, invece, subiscono una forte disidratazione, quindi imbruniscono (con sfumature più o meno violacee a seconda dello stadio di invaiatura) e disseccano. Questa sintomatologia, che può interessare tutto o parte del grappolo, è conosciuta anche come Peronospora larvata.

    Peronospora larvata.
    Peronospora larvata che attacca tardivamente un grappolo di vite.
  • infine, nel caso in cui ad essere attaccati siano i germogli erbacei, la Peronospora si evidenzia prima con allessature ed imbrunimenti ed infine con la consueta muffetta biancastra. Nei tralci in fase di lignificazione l’infezione è meno evidente e si manifesta con lesioni della corteccia e piccoli cancri. In ogni caso i tralci sono meno recettivi degli altri organi e la recettività diminuisce con l’avanzare del processo di lignificazione.

Effetti
Com’è già stato possibile intuire dalla lettura dei sintomi, gli effetti della Peronospora sulla vite possono essere devastanti. Nel complesso i danni di un attacco dipendono dalla fase in cui si verificano le infezioni; le fasi fenologiche più delicate e che, se attaccate, provocano il maggior danno alla produzione, sono quelle che vanno dall’inizio fioritura (cioè quando sul piccolo grappolo si formano i fiori) all’allegagione (ovvero quando i fiori si trasformano in frutto, gli acini). L’intensità del danno, a prescindere dalla fase fenologica, dipende anche dalle condizioni termo-igrometriche presenti durante e dopo l’evento infettivo, dal grado e dalla virulenza delle eventuali reinfezioni. Particolarmente gravi sono gli attacchi al grappolo che determinano, in talune situazioni, abbattimenti della produzione sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. In ogni caso i danni provocati dalla Peronospora alla vite sono:

  • perdita quantitativa di produzione;
  • qualità scadente dei vini prodotti;
  • generale deperimento sanitario della pianta e maggiore suscettibilità ad altre fitopatie, specialmente degli organi permanenti, in caso di gravi defogliazioni precoci.

Lotta
La buona notizia è che è possibile combattere, o meglio gestire, questo maledetto fungo. Per farlo è innanzitutto opportuno considerare il livello di rischio collegato alle caratteristiche pedoclimatiche dell’area geografica in cui sorge il vigneto. In linea di massima, gli ambienti più soggetti alla Peronospora sono quelli situati nelle pianure delle regioni settentrionali, dove cioè le precipitazioni sono mediamente più abbondanti; in queste zone la malattia può essere gestita con difficoltà soprattutto nelle annate più piovose. Le aree collinari del Nord e nel Centro-Sud sono per contro molto meno soggette al rischio peronosporico e quindi la lotta al fungo può essere gestita in queste zone in modo più agevole.

A prescindere dalle aree viticole, la corretta gestione della Peronospora si basa anche e soprattutto su una gestione sanitaria efficace del vigneto. Diventa quindi fondamentale scegliere forme di allevamento, esposizione dei filari e densità d’impianto che favoriscano l’esposizione dei grappoli all’aria e alla luce solare, così come diventa importante l’inerbimento tra i filari e le potature “al verde” (ovvero quando la vite ha già le foglie). Importante da questo punto di vista anche la fertilizzazione del terreno in quanto una eccessiva concimazione azotata favorisce l’insorgere della malattia.

Ma una corretta gestione sanitaria del vigneto da sola non basta per difenderlo in modo totale dal rischio di contrazione della Peronospora. È il rame il vero e principale antiperonosporico di accertata efficacia, utilizzato sia in viticoltura convenzionale che biologica. Questo metallo infatti (il cui simbolo è Cu) interferisce con la respirazione cellulare dei funghi e rappresenta quindi un perfetto alleato nella lotta alla Peronospora, soprattutto nel caso della viticoltura biologica in quanto si tratta dell’unico prodotto di difesa consentito, in quantità ben definite. Questo perché il rame, essendo un metallo pesante, presenta comunque degli effetti collaterali (ha un’elevata capacità di accumularsi nel suolo) e può quindi causare fenomeni di fitotossicità. Proprio la limitazione posta nell’utilizzo di rame per le coltivazioni biologiche (Kg. 6 per ettaro all’anno) ne impongono un uso oculato, soprattutto in annate particolarmente difficili dal punto di vista climatico (molte piogge ma anche nebbie e rugiade). Sul mercato sono disponibili tantissimi prodotti a base di rame, ma solo alcuni di questi sono consentiti in viticoltura biologica (qui è possibile consultarne l’elenco); sulle confezioni di ogni prodotto sono indicate le quantità corrette da diluire in acqua per una corretta e meno tossica somministrazione.

Diventa quindi cruciale un’azione preventiva nei confronti del fungo, e da questo punto di vista la “regola dei tre dieci” vista in precedenza (germogli lunghi almeno cm. 10, pioggia caduta entro le 24-48 ore di almeno mm. 10, temperatura di almeno 10 °C) rimane uno dei metodi più efficaci ed utilizzati per valutare il periodo di intervento sull’infezione primaria. Al verificarsi delle condizioni indicate dalla regola è necessario posizionare i trattamenti col rame alla scadenza del periodo di incubazione. Per migliorare l’efficacia dei trattamenti, e ridurre quindi al minimo necessario l’utilizzo del rame, è necessario che venga effettuata una corretta distribuzione sull’intera superficie fogliare del vigneto; diventa così essenziale l’utilizzo di mezzi meccanici (irroratori) efficienti.

La peronospora, una malattia silenziosa, letale e difficile da combattere (soprattutto in regime biologico), per questo da prendere con le pinze, anzi col rame!

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